Malpeli: «Non amo apparire, ma per la Reggiana ci sono sempre. Il gruppo è il valore più importante»
Il team manager granata d'ora in avanti lavorerà a stretto contatto con il ds Fracchiolla e il dt Scognamiglio: «Ho dato la massima disponibilità per collaborare. Reggio è casa mia, ho il sangue granata»

Michele Malpeli resta il punto di riferimento silenzioso della quotidianità granata, ora con un riconoscimento formale in più. Dopo aver completato il corso da direttore sportivo, il team manager - ruolo che ricopre dal 2016 - affiancherà il nuovo ds Fracchiolla anche nelle scelte tecniche, e sul campo avrà al suo fianco il dt Scognamiglio. Un ruolo che cambia nella forma, ma non nella sostanza: prima da calciatore, oggi da dirigente, Malpeli si è sempre speso per il bene della Reggiana.
«In realtà non cambia molto il mio ruolo - puntualizza subito Malpeli - Ringrazio la proprietà per aver deciso di affiancarmi a loro. Ho fatto il corso da direttore sportivo in maniera silente, ma quando mi è stato detto che ci sarebbe stato confronto anche su decisioni tecniche ho dato la massima disponibilità. Sono uno che ama dare una mano con discrezione, ma con un peso specifico umano. Chi mi conosce sa che non amo apparire. Il direttore Fracchiolla, appena ci siamo conosciuti, mi ha detto: “Michele, siediti qui. Qualsiasi operazione o persona che coinvolgo, voglio che tu lo sappia”. Questo mi ha colpito molto».
In tanti le riconoscevano già questo ruolo: cosa la rende più orgoglioso?
«Di pancia dico una cosa forse forte: quando qualcuno lascia la società, mi telefona per ringraziarmi, per dirmi che sono un valore aggiunto per la società. Questo non ha prezzo. Reggio è casa mia, nei momenti difficili sento il dovere di dare una mano a tutti senza badare agli orari, anche se ho due figli a casa: ho il sangue granata».
È un percorso iniziato anni fa con il ds Magalini, ora ufficialmente riconosciuto?
«Nella vita ci sono step: magari arriva tardi, magari presto. Non so se un giorno farò il direttore sportivo, ma amo fare il team manager e lo faccio con passione. Se non hai passione, meglio non farlo: ti prosciuga mentalmente. Anni fa avevo iniziato il corso da direttore sportivo, ma arrivò mister Alvini e mi disse: “Se vai via quattro volte a settimana, io sono finito”. Così rinunciai per aiutarlo. Poi ci fu il Covid, e alla fine se le persone ti riconoscono come una persona positiva, tutto arriva. L’importante è avere rispetto dei ruoli e dare una mano alla Reggiana».
Quali sono le difficoltà principali che attendono la Reggiana nel prossimo campionato?
«Mi ricollego al discorso del direttore: partire con tanti ragazzi del 2004 è diverso dall’anno scorso, dove per esempio avevamo Sersanti che era un 2002. Ci sono annate più floride di altre, quindi trovare i giovani giusti è difficile. Per questo Fracchiolla cerca anche dei 2005, magari da valorizzare. Le difficoltà saranno tante per tutti: è un campionato senza regole scritte, che non permette cali di tensione. Anche squadre costruite per vincere possono trovarsi in situazioni difficili e fare figuracce. Altre, date per spacciate, tirano fuori la forza del gruppo che per me, anche salendo di categoria, resta un valore decisivo: bisogna fare sentire tutti importanti».