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Diana: «A Teramo vogliamo vincere, ma non ci regaleranno nulla. Dobbiamo pensare solo alla nostra partita»

«Oggettivamente la differenza tra Reggiana e Modena è in due episodi. Avere portato piacere e speranza nei tifosi fino all’ultima partita, dopo una retrocessione, per noi è una piccola vittoria. Sono cresciuto tantissimo come allenatore»

21.04.2022 20:30

«Non abbiamo altre possibilità che provare a vincere e attendere quello che succederà dalle altre parti – sottolinea mister Aimo Diana alla vigilia della partenza per la lunga trasferta di Teramo, ultima giornata di campionato – Come già detto nelle ultime settimane quando rincorrevamo, non dobbiamo avere rimpianti ma un po’ ne abbiamo e ci rimarranno dentro se dovesse finire in un certo modo, ma siamo preparati e pronti per fare una bella gara sabato».

Rozzio non ci sarà, Arrighini invece?
«Si sta allenando con la maschera ed è a disposizione».

Rischierà i diffidati?
«Saranno con noi e non farò alcun tipo di calcolo. Devo giocare ancora una partita con chi ho a disposizione, diffidato o meno. Il campionato non è finito, ho la rosa lunga e se alla fine andremo ai playoff perderemo qualcuno solamente per la gara d’andata».

Ha già scelto quale modulo utilizzare?
«Sto guardando molto il Teramo e metterò i giocatori migliori per il tipo di partita che vogliamo fare. Posso pensare di partire in una maniera e cambiare a gara in corso. Quando ho tutta la squadra a disposizione devo essere molto bravo nelle scelte e mettere i giocatori giusti per la partita che voglio fare».

L’utilizzo di Libutti nella difesa a cinque a inizio stagione non era contemplato, ora invece…
«Quando ha fatto bene Guglielmotti, Libutti non ha giocato. Ora Guglie lo sa che Libutti sta facendo buonissime prestazioni. Così come Radrezza e Neglia, tutti aspettano il loro turno».

Cosa ha chiesto ai giocatori questa settimana?
«Di approcciare la partita in maniera molto forte. Vogliamo provare ad andare subito in vantaggio per portare a casa la vittoria. Potrebbe essere una partita molto condizionata dai risultati degli altri campi, non lo nascondiamo: è successo anche nelle ultime gare quando sentivamo che il Modena non vinceva. Vogliamo provare a mettere subito pressione e sbloccare la gara, ma se non dovessimo farcela dovremo gestire i 90 minuti senza andare all’arrembaggio. Andiamo a Teramo per giocare una bella partita contro un bell’avversario. So che nessuno ci regalerà nulla».

Le hanno chiesto di fare un appello per questi ultimi 90 minuti?
«Io di appelli non ne faccio: banalmente dico che questo tipo di partite saranno sotto l’occhio di tutti, giocatori e arbitri, non solo a Teramo o Modena. Io penso solo alla mia gara e sono sicuro che sarà difficile e complicata perché i nostri avversari vorranno fare bella figura contro di noi. Quello che accade sugli altri campi non mi interessa. In questo momento è oggettivo che la differenza la fanno due episodi, secondo me: un gol strano al 90’ del Modena e una nostra traversa a Viterbo. Senza nulla togliere ai meriti del Modena che se vincerà il campionato lo farà con merito».

La differenza col Modena alla fine è solo questa?
«Purtroppo il calcio è fatto così. La differenza è veramente poca perché i numeri sono molto simili, gol fatti e gol subiti. Oggettivamente la loro vittoria con l’Imolese, in questo momento, sta facendo la differenza».

Avere 800 tifosi al seguito in una trasferta così lontana non è una cosa da poco…
«Sono felice perché forse è il culmine di un percorso. Avere portato piacere e speranza fino all’ultima partita, dopo una retrocessione, è una piccola vittoria che noi e la società dobbiamo portare a casa. Riuscire a riavvicinare la gente era quello che ci preoccupava un po’ di più a inizio stagione».

Si è mai complimentato con se stesso per quanto ha conseguito in questi 10 mesi?
«Magari è capitato dopo qualche partita in cui abbiamo riconosciuto di avere azzeccato la strategia. Ma finisce tutto subito, dopo c’è sempre un’altra gara da giocare. Dobbiamo applaudirci per alcune cose mentre per altre dobbiamo riconoscere di avere sbagliato, sia lo staff che la squadra. Ma senza questi errori saremmo arrivati a 100 punti…».

Superare quota 80 punti e pensare di non poter vincere un campionato le è mai capitato?
«Non è mai capitato. Ma non è solo il nostro destino perché anche una tra Sudtirol e Padova sarà costretta a passare dai playoff. Come ho sempre detto, quando sono solamente due le squadre che si contendono la vetta, la quota punti si alza tantissimo. C’è soddisfazione per avere fatto tanti punti, ci sarà rammarico se alla fine non dovessero bastare».

I playoff sono davvero tutta un’altra cosa rispetto al campionato?
«Dobbiamo renderci conto che noi rimaniamo sempre la stessa squadra di prima, cioè una squadra forte. Ma la verità è che tutti ritornano a zero punti, come se entrasse la safety car. Bisognerà ulteriormente dimostrare la nostra forza in base a chi andremo ad affrontare. A parte Padova o Sudtirol che hanno i nostri numeri, le altre ne hanno fatti molto di meno ma dovremo dimostrare di nuovo cosa siamo capaci di fare. Resta la consapevolezza di essere forti e di avere la capacità di poter tornare lì davanti, ma dovremo anche capire contro chi giocheremo».

Il suo futuro in panchina è già stato discusso con la società?
«Non è proprio il momento di parlarne. Non ci sono state discussioni». 

Si dice che lei sia uno dei principali candidati per vincere la prossima panchina d’oro…
«Questo è uno dei miei obiettivi. Se dovesse succedere vorrebbe dire che avrò vinto il campionato o i playoff. Allora sarei molto felice di vincerla, ma ho solo i brividi al pensiero…».

A Diana manca solamente la vittoria di un campionato per fare il salto di qualità?
«La vittoria rimane impressa negli almanacchi. Se alla fine non dovessi vincere, dovremmo comunque pensare che rimarremo nei cuori delle persone e si ricorderanno di noi per quello che abbiamo fatto».

Cosa le lascia questa stagione?
«Sono cresciuto tantissimo sotto tanti punti di vista. Ho avuto un rapporto umano con un ambiente di alto livello, una stampa di alto livello, uno stadio e una tifoseria di alto livello. A modo mio ho cercato di essere me stesso fino alla fine. A volte mi dicono che bisogna allenare anche l’ambiente, però fa parte di un percorso di crescita di un allenatore ad alto livello. Questa esperienza mi lascia tantissimo come persona, ho affrontato problematiche alle quali non ero abituato e ho avuto rapporti profondi con certe persone mai avuti prima. Se tutte le persone che mi circondano si alzano di livello rispetto all’anno prima, devo alzarmi di livello anche io».

Sotto il profilo della gestione del gruppo che anno è stato?
«È stato formativo al massimo perché ho dovuto gestire persone di alto livello. Calcisticamente parlando, in primis calciatori di un certo livello ai quali dobbiamo renderci credibili anche forzando degli atteggiamenti ed essere un po’ meno noi stessi pur di raggiungere un obiettivo o un comportamento. Però cercando sempre di rimanere persone con cui si può parlare e avere un dialogo decente fuori dal calcio».

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