foto Silvia Casali
foto Silvia Casali

In una fase della stagione in cui i riflettori sono puntati più sui carichi di lavoro che sui moduli, il ruolo del preparatore atletico diventa centrale. David Morelli, professionista 54enne reggiano responsabile della preparazione fisica della squadra di Dionigi, al termine della prima settimana di ritiro a Toano ha preso la parola davanti ai microfoni della stampa.


In questo momento dell’anno, tutti gli occhi sono sul preparatore atletico. Non è forse un ruolo più importante di quello dell’allenatore?
«No, non direi. Sicuramente è un ruolo importante, ma lo diventa tanto più quanto il preparatore riesce a comprendere il lavoro che vuole fare l’allenatore. La difficoltà sta proprio nel capire le esigenze del mister e nell’essere in grado di proporre stimoli che permettano a lui di sviluppare il proprio gioco».

Una settimana senza infortuni muscolari è già un piccolo traguardo…
«Abbiamo cercato fin da subito di impostare una filosofia graduale. Faccio spesso l’esempio dell'abbronzatura: se il primo giorno non ci si espone troppo al sole, non ci si brucia. È un’immagine che mi ha insegnato un grande preparatore, Capanna, e che porto con me da anni».

Tre settimane di ritiro in altura non rischiano di essere troppe?
«L’aspetto mentale è sicuramente importante, anche quello cognitivo. Ma sono contento che il mister abbia scelto questa strategia: partire presto ci consente di attuare una vera progressività del carico. Inoltre, è un lavoro corale: serve dialogo costante con lo staff medico, con i fisioterapisti, con i colleghi e ovviamente con l’allenatore, che poi è colui che modula i carichi alla fine».

C'è qualcuno che le ha chiesto di fermarsi o rallentare?
«Nessuno. Ho trovato grandissima disponibilità e predisposizione al lavoro. Anche perché abbiamo lavorato molto sulla consapevolezza: l’atleta deve sapere cosa succede al proprio corpo. Se capisce cosa sta facendo e perché, sopporta meglio la fatica. Non deve subire la preparazione».

Ci dica almeno i cognomi di chi si è presentato con qualche chilo di troppo…
«Nei test iniziali ho visto ottime risposte. Ad esempio, nei test di forza mi ha impressionato Portanova: si è presentato molto bene sotto questo punto di vista. Sulla parte aerobica, Marras ha fatto un grande test, insieme a tanti giovani che sono arrivati con grande voglia di fare».

Avete portato il gruppo anche sul campo della ruzzola. Com’è andata?
«Abbiamo sfruttato anche quell’ambiente. Siamo fortunati ad avere quello spazio, perché ci consente un tipo di lavoro diverso. Correre sempre intorno a un campo non è tanto piacevole, mentre là possiamo proporre carichi medi meglio tollerati. Abbiamo fatto tutto con gradualità, anche lì».

Una domanda classica: è vero che si parte forte, si cala e poi si risale, oppure è solo un luogo comune?
«È un luogo comune, ma sono contento che me l’abbiate chiesto. Il compito del preparatore è fornire al mister il maggior numero possibile di atleti disponibili. Questo è difficile perché i carichi di lavoro si sommano alle amichevoli, quindi bisogna saper dosare, evitare gli eccessi. Usiamo GPS e strumenti scientifici, ma si deve lavorare con gradualità e il feedback dei giocatori è la cosa più importante».

Si aspettava un giorno di essere preparatore della Reggiana in Serie B?
«Con il calcio mi ero un po’ allontanato, cercavo l’allenatore giusto e sono davvero grato a Davide Dionigi. Me lo ha presentato Gian Battista Venturati, grande preparatore a Coverciano con Prandelli, e tra noi è nata subito una grande sintonia. Stavo anche guardando ad altri sport: mi piace l’approccio multi sportivo, e credo che il calcio debba imparare da altre discipline, aprire la mente. A volte ci fossilizziamo troppo».

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