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Kirwan: «All'inizio faticavo, ora sto ritrovando la forma. Il nostro segreto? Corriamo tanto e non molliamo mai»

«Conosco bene il campo di Fermo: non sarà facile vincere, ma faremo di tutto per portare a casa i tre punti»

20.11.2019 17:55

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Dopo un inizio a rallenatore, il terzino neozelandese Niko Kirwan ha conquistato sempre più minuti in campo nello scacchiere granata disegnato da mister Alvini, giocando spesso fuori ruolo a sinistra ma la prestazione più convincente è arrivata domenica quando il tecnico di Fucecchio ha deciso di spostarlo a destra per far rifiatare Libutti.


Quali sensazioni vi ha lasciato la vittoria in extremis di domenica?
«Dal campo ho visto che eravamo sempre noi a condurre il gioco: contro una squadra che si chiude così siamo stati a bravi a continuare a fare il nostro gioco e a completare la rimonta. Marcos (Espeche, ndr) ha poi fatto due grandi assist, soprattutto il primo di tacco, e quindi al 90’ è arrivata la vittoria meritata in una gara che poteva diventare difficile».

Quella contro la Vis Pesaro forse è stata forse la tua miglior prestazione da quando sei a Reggio, come ha evidenziato il sondaggio votato dai tifosi. Come procede il tuo adattamento in granata?
«
Non è mai facile arrivare in una squadra verso la fine del ritiro. Sono partito piano, non mi allenavo bene come avrei voluto, mentre adesso mi sto impegnando e sto ritrovando la forma. Sono contento di aver fatto una partita del genere domenica, anche se dovrei ripetere quella prestazione ogni settimana».

Le difficoltà iniziali a cosa erano dovute?
«Quando si cambia squadra c'è anche un nuovo metodo di lavoro e un nuovo modo di gestire la palla, che può essere diverso da quello a cui uno è abituato: all'inizio, come quando si cambia paese, c'è sempre un periodo di adattamento e io ho fatto un po' di fatica in allenamento. Devo però dire che tutti mi hanno accolto bene».

L’impatto con uno stadio come il “Città del Tricolore” può pesare sulla testa di un giocatore?
«Sì, anche se secondo me un giocatore non pensa tanto al pubblico ma si preoccupa più di sé stesso. Io personalmente non sono uno che guarda molto i tifosi e ne sente la pressione, anche se è bello essere in una piazza così importante come Reggio».

La Reggiana finora nel secondo tempo è sempre riuscita a tirare fuori qualcosa in più rispetto alle avversarie. Come ve lo spiegate?
«Tante squadre calano nel secondo tempo perché non hanno più benzina o sono affaticate. Noi invece corriamo molto e questo cambio nella preparazione atletica sta dando i suoi frutti perché abbiamo energie da spendere fino al 90’ e andiamo sempre a pressare alti. Poi ci sono gli episodi, che comunque nel secondo tempo stanno girando spesso a nostro favore. Magari verso la fine abbiamo anche un po’ più di fame e quella voglia in più che fanno sì che vinciamo le partite».

Domenica a Fermo i tre punti sono d’obbligo. Almeno sulla carta…
«Chi ha giocato contro la Fermana a Fermo sa quanto è difficile quel campo. Io ci ho giocato e so che non è mai semplice affrontare la Fermana perché una bella squadra. Noi ci poniamo l’obiettivo di vincere perché vogliamo rimanere in alto in classifica, però tutti i giocatori e lo staff sanno quanto impegno ci voglia per portare a casa tre punti da una partita così...».

La classifica sta diventando sempre più corta…
«Sì, ci sono 4-5 punti dalla prima alla sesta: davanti è una classifica corta in cui tutte stanno vincendo, come la FeralpiSalò che era partita piano e adesso sta ingranando e le sta vincendo tutte».

Avere un padre come il tuo che è stato un grande uomo di rugby (John Kirwan) ti ha favorito nell’approcciare la professione dello sportivo professionista?
«Quando ero un adolescente mia madre pensava solo allo studio, invece mio papà solo allo sport perché quella è stata la sua vita. Lui era un macellaio e grazie al rugby è riuscito a giocare dove ha giocato, quindi lui fin da piccolo mi diceva di andare in palestra, di fare la dieta e avere già grande cura del mio corpo. Veniva anche in palestra con me e mi aiutava, perciò da adolescente ero avvantaggiato ad avere una figura così al mio fianco».

Il fatto che tu abbia scelto di giocare a calcio e non a rugby lo ha infastidito?
«Sono sempre stato basso e magro, quindi andare a placcare i tongani e i samoani non mi piaceva. Ad essere sincero non ho mai giocato a rugby, da quando avevo 5 o 6 anni ho sempre calciato il pallone. Lui mi dice che è contento della mia scelta e penso che sia davvero così: non ha mai cercato di reindirizzarmi verso il suo sport».


Giovanni Fiori

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