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Mister Antonioli: «In Serie D i giovani faranno la differenza, così come la coesione del gruppo»

«Comprare tanti attaccanti può servire, ma in questa categoria vince di solito chi ha la migliore difesa»

04.08.2018 19:00

«Lunedì sarò a Reggio per discutere con la società, speriamo vada tutto bene». Come anticipato da TuttoReggiana giovedì, a meno di novità clamorose dell'ultima ora Mauro Antonioli sarà l'allenatore della Reggio Audace FC nella stagione 2018/19. Il 49enne tecnico milanese, ma da anni residente in Romagna, dovrebbe firmare un contratto annuale con rinnovo automatico in caso di promozione. 


La speranza dei tifosi granata è che lei possa ripetere quanto fatto a Ravenna. Quali sono stati i punti chiave della promozione ottenuta con i romagnoli?
«Avere una grande coesione del gruppo è stata la chiave del nostro successo. L'importanza della piazza e dei tifosi aveva dato uno stimolo in più alla squadra, oltre ad avere qualità di un certo tipo in campo e ad una disposizione tattica efficace. Un gruppo unito dove tutti si sentono partecipi del progetto sta alla base di ogni trionfo».

Mister Antonioli ha un modulo tattico preferito?
«Ogni anno ho cambiato in base alle caratteristiche dei giocatori presenti in rosa. A Bellaria scendevamo in campo con un 4-2-3-1, a Ravenna invece abbiamo vinto il campionato con un 4-3-1-2 a rombo; la stagione successiva in Serie C siamo partiti con lo stesso schema per poi passare ad una difesa a tre visto che subivamo troppo. È molto importante essere propositivi, il modulo poi verrà da sé...».

I giovani in Serie D servono per forza, lo stabilisce il regolamento, ma ci sono ruoli più indicati rispetto ad altri dove schierarli?
«Di sicuro ne servono almeno quattro o cinque buoni e altrettanti ricambi perché è necessaria dell'alternanza (almeno un '98, due '99 e un 2000 sempre in campo, ndr). L'altra metà della squadra invece deve essere composta da calciatori esperti».

Amalgamare così tanti giovani con giocatori più navigati non deve essere semplice...
«Non è semplice ma sono sempre riuscito a fare funzionare questo connubbio. I giovani in Serie D alla fine dei conti sono determinanti perché devono per forza giocare e in quest'ottica ricoprono un ruolo molto importante gli atleti più esperti che devono fare loro da chioccia. Nella costruzione di una squadra servono giocatori di una certa età disposti a favorire la crescita di questi ragazzi».

Il Modena si è rinforzato con un attacco da 100 gol potenziali: è con i centravanti più forti che si vince in Serie D?
«Gli attaccanti sono sempre fondamentali, però credo che ci voglia un certo equilibrio nella costruzione di una squadra: le formazioni che hanno vinto gli ultimi campionati di solito erano quelle con la difesa meno battuta. La base di partenza secondo me è costruire una retroguardia solida, il che non significa per forza rinunciare ad attaccare: se si prendono pochi gol il merito non è solo dei difensori, ma di tutti e 11 i giocatori».

Il ds canarino Tosi affermava che un campionato con Modena, Cesena e Reggiana ai nastri di partenza sarebbe stato una disgrazia: è d'accordo con questa sua visione?
«Posso capire che da parte di queste società importanti ci sia la volontà di tornare tra i professionisti il più in fretta possibile e un campionato con tutte e tre nello stesso girone penalizzerebbe le altre due, ma giocare quattro derby davanti a tanto pubblico avrebbe un fascino incredibile».

Al di là del valore tecnico in campo, in cosa differisce maggiormente la Serie D dalla Lega Pro?
«Sicuramente differisce nella fisicità e nella preparazione atletica delle squadre. In D la maggior parte delle società non ha la possibilità di programmare un doppio allenamento, ma non dovrebbe essere il caso della Reggiana. Poi di solito scarseggiano i campioni in grado di risolvere la partita con una giocata come poteva fare Cesarini fino all'anno scorso...».

Giocare in certi campi di provincia può a volte far abbassare l'attenzione e portare a sottovalutare l'avversario?
«Sì, è un rischio che può capitare però è altrettanto vero che Il blasone della squadra per la quale si gioca deve dare uno stimolo in più e portare a non sottovalutare mai nessuno. A Ravenna viaggiavamo con una curva che ci seguiva sempre e dava tanti stimoli anche fuori casa, i tifosi della Reggiana non credo proprio siano da meno».

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