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Cianci: «Sono diventato un calciatore grazie a chi ha creduto in me. Giocare da esterno non mi dispiace»

Il numero 9 di Bari Vecchia è tra i protagonisti della rinascita granata

12.12.2017 17:00

Se la Reggiana è stata capace di raccogliere 17 punti nelle ultime 7 gare deve molto al lavoro sporco su tutto il fronte offensivo svolto da Pietro Cianci (senza dimenticare il suo bel gol segnato al Pordenone): il centravanti pugliese classe '96 si è trasformato da oggetto misterioso a perno insostituibile del tridente granata assieme a Cesarini e Altinier.

Che cosa vi hanno lasciato in eredità i 90 minuti di Padova?
«C'è rammarico per non essere riusciti a portare a casa la vittoria, con un pizzico di convinzione in più forse staremmo parlando di un altro risultato ma il pareggio non lo buttiamo via. Abbiamo messo in difficoltà i primi in classifica grazie al nostro gioco, ripartiamo da questo».

Con il sinistro hai rischiato per due volte di andare a segno...
«La prima conclusione da fuori area è stata molto istintiva dopo un rimpallo, la seconda avrei dovuto calciarla in diagonale perché magari si potevano inserire sulla traiettoria Altinier o Bovo...».

Ti trovi bene come esterno d'attacco?
«Molto bene, da quando mi hanno detto che avrei giocato in quel ruolo sono aumentati stimoli e concentrazione. Lavoro tanto assieme ai mister che mi danno consigli utili».

È un po' esagerato definirti il Mandzukic granata?
«Fra i tre là davanti sono quello che si sacrifica maggiormente, però è giusto così perché Cesarini e Altinier hanno più qualità per fare gol. Se con la mia corsa e il sacrificio aiuto la squadra a conquistare punti mi va bene e non mi pesa rinunciare a qualche rete».

Il tuo inizio di stagione non è stato dei più semplici...
«Ho dovuto scontare due giornate di squalifica per una sciocchezza commessa nello scorso campionato, poi con Menichini non ho mai avuto grandi possibilità invece con Teddy e Max (Tedeschi e La Rosa, ndr) ho trovato molto più spazio: sono loro che hanno deciso di spostarmi sull'esterno. L'importante ora è giocare e fare bene».

Sabato contro il Teramo tutto l'ambiente si aspetta una vittoria...
«In campo vivremo una battaglia perché i biancorossi verranno qui per conquistare almeno un punto: dovremo essere bravi a sfruttare tutte le occasioni che capiteranno. Siamo pronti e tutti uniti per centrare i tre punti».

Ci pensate ancora al primo posto?
«Pensiamo a una partita alla volta. Scendiamo in campo per vincere sempre ma sappiamo che qualche stop arriverà. I conti li faremo a maggio, ma se giocheremo come abbiamo fatto nelle ultime 7 gare sicuramente ci toglieremo grandi soddisfazioni».

Dopo il cambio dell'allenatore avete trovato nuovo entusiasmo nello spogliatoio?
«No, siamo sempre stati uniti e tutti d'accordo anche nei momenti più difficili. L'arrivo di La Rosa e Tedeschi ci ha dato un'identità tecnica e soprattutto un'idea di gioco che prima mancava, ora dobbiamo continuare su questa strada».

Che apporta vi dà invece Eberini?
«Lui ci ha dato la carica e ci ha fatto pesare il fatto di indossare la maglia della Reggiana. Grazie al suo carisma ora siamo ancora più uniti di prima».

La vicinanza di Mike Piazza è positiva?
«Il presidente viene spesso nello spogliatoio prima delle partita e ci segue durante gli allenamenti. Ci dà la carica giusta per scendere in campo».

Come sei arrivato a vestire la maglia granata?
«A Villa Minozzo in luglio Menichini mi spiegò che era stato lui a volermi a tutti i costi a Reggio dopo avermi visto all'opera».

Hai iniziato a giocare a calcio da bambino a Bari Vecchia?
«Ho cominciato nella scuola calcio "Free Time" all'età di 10 anni perchè prima ho avuto dei problemi alle anche che mi hanno frenato un po'. Da lì sono passato al Bari dove dopo 5 anni di settore giovanile non hanno creduto in me spedendomi una lettera nella quale mi comunicavano di avermi svincolato...». 

Poi cos'è successo?
«All'inizio volevo smettere di giocare, pensavo di non poter diventare più un giocatore ma devo ringraziare Fabio Sperduti (fondatore del Liceo Scientifico Sportivo "Cittadella della Formazione" di Bari ed ex socio fondatore del FC Bari 1908 con Paparesta, ndr) che mi ha aiutato tanto portandomi a credere in me stesso e a sognare. Grazie a lui sono approdato alla scuola calcio "Di Cagno Abbrescia" e qualche anno dopo l'ho seguito alla Fidelis Andria. Per me è come un fratello maggiore, mi dà tanti consigli e ci sentiamo tutti i giorni: lui ha sofferto e ora gioisce insieme a me».

Quando hai avuto la percezione di poter diventare un calciatore professionista?
«Dopo un anno di Settore Giovanile a Livorno e 6 mesi a Vercelli e Varese sono andato ad Andria dove mister Luca D'angelo mi disse che avevo delle potenzialità interessanti per il calcio: lì ho capito che potevo diventare un giocatore importante ed è anche grazie a lui se sono cresciuto tanto accumulando sempre più minuti in campo fino a quando il Sassuolo non mi ha acquistato nel 2016».

C'è qualche attaccante in particolare al quale ti ispiri?
«Cerco di prendere spunti da tanti giocatori ma ultimamente seguo spesso le partite dell'Atalanta e apprezzo molto Petagna che ha un po' le mie caratteristiche, quindi si può dire che mi ispiri a lui».

Coltivi altre passioni fuori dal campo?
«La mia squadra del cuore è il Bari e il mio sogno è quello di poter giocare un giorno in Serie A con la maglia dei galletti. Quando svesto i panni del calciatore vado spesso a pesca in mare aperto con mio cugino Nicola Bellomo (centrocampista dell'Alessandria, ndr) a caccia di polpi e tonni».

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