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Lunetta: «Stagione ai titoli di coda, dubito che ripartiremo. Il mondo del calcio deve fare un esame di coscienza»

«La Reggiana ha dei tifosi speciali, li ringrazio per essermi stati sempre accanto. Futuro in granata? Presto per parlarne, ma la mia porta resta sempre aperta...»

16.04.2020 19:30

Lo stop forzato ai campionati ha interrotto la rincorsa al primo posto della Regia così come ha fermato il percorso di crescita di Gabriel Lunetta, tornato a calcare il campo lo scorso 12 gennaio dopo tre mesi trascorsi ai box per infortunio.

«Vivo a Milano quindi ho deciso per il bene mio e della mia famiglia di rimanere a Reggio – ci spiega l’esterno 23enne di proprietà dell'Atalanta, 14 presenze e 2 reti con la maglia granata in questa stagione – Qualche caro è stato colpito dal virus ma per fortuna è andato tutto per il meglio».

E’ già passato un mese e mezzo da quando è iniziato l’isolamento per voi giocatori…
«Ricordo ancora quel momento. Stavo per salire in macchina pronto ad andare ai campi quando arrivò il messaggio del team manager Malpeli: all’inizio non capimmo bene cosa fosse successo, poi è diventato tutto chiaro con la situazione di Favalli…».

Ora come sta?
«Alessandro adesso sta bene. Il secondo tampone è risultato negativo quindi si può dire che per lui la situazione è tornata alla normalità».

A Reggio come passi il tempo?
«Coltivo diverse passioni come la lettura e suono la chitarra. Il tempo non manca mai...».

Anche tu sei stato influenzato da Zamparo?
«Sì, diciamo che lui mi ha stimolato ad iniziare a suonare. Ci stiamo supportando e sopportando a vicenda…».

Come proseguono invece gli studi?
«Spero di laurearmi in Economia e Management alla Cattolica di Milano il prima possibile visto che mancano solo cinque o sei esami oltre alla tesi. In aprile avrei dovuto sostenere tre appelli ma sfortunatamente sono stati posticipati a luglio. Ora il tempo per prepararli non manca di certo…».

In casa riesci ad allenarti bene?
«Mi alleno tutti i giorni nel limite del possibile e sono anche seguito a distanza da un preparatore atletico. Tra esercizi di forza e sedute aerobiche non stacco mai la spina, ma la condizione ovviamente non può essere uguale a quella di prima».

Come mai sei seguito da un preparatore?
«E’ una persona di mia fiducia con la quale svolgo sempre degli esercizi in estate prima del ritiro. Adesso mi sta dando una mano anche per tenere in moto i muscoli del ginocchio dopo l’infortunio».

Quella brutta parentesi è definitivamente alle spalle?
«Nelle ultime partite giocate stavo ritrovando la forma migliore e il ginocchio faceva sempre meno male. Questa pausa prolungata forse non ha giovato, ma io sto bene e sono tranquillo».

Come riuscite ad alimentare lo spirito dello spogliatoio in questo periodo?
«Oltre a tenerci in contatto individualmente, almeno un paio di volte a settimana ci diamo appuntamento in video chat. Insieme cerchiamo di scherzare un po’ e passare il tempo».

Chi è che ravviva il gruppo?
«In realtà siamo tutti allegri, anche se qualcuno è più fumantino di altri come Varone o Radrezza. In compagnia ci divertiamo tutti assieme».

Partecipa anche il mister alle vostre “riunioni”?
«Ogni tanto parliamo con lui in video chiamata o tramite colloqui singoli. Ovviamente in un contesto più serio. Ci chiede sempre come stiamo e ci tiene aggiornati sull’evolversi della situazione».

La FIGC proprio ieri ha ipotizzato una .embed-comment-icon { display:inline-block; width:20px; height:20px; background-color:transparent; background-repeat:no-repeat; background-size:20px; background-position:center; transition:background .1s ease-in; position:relative; top:5px; background-image:url("data:image/svg+xml; charset=utf8,%3Csvg%20xmlns%3D%27http%3A%2F%2Fwww.w3.org%2F2000%2Fsvg%27%20viewBox%3D%270%200%2020%2020%27%3E%3Cpath%20d%3D%27M5%202h9q.82%200%201.41.59T16%204v7q0%20.82-.59%201.41T14%2013h-2l-5%205v-5H5q-.82%200-1.41-.59T3%2011V4q0-.82.59-1.41T5%202z%27%20fill%3D%27%2382878c%27%2F%3E%3C%2Fsvg%3E") }

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a tre velocità dei campionati. Secondo te è uno scenario plausibile?
«In tutta onestà penso che la stagione in Serie C sia finita. Non tanto per il discorso sanitario quanto per quello economico. Tanti club hanno espresso la volontà di non riprendere e non avrebbero neanche le forze per sopperire ad eventuali costi sanitari, necessari per garantire la sicurezza».

E se invece il campionato dovesse ripartire da dove si era interrotto?
«In questo caso inizierebbe una nuova stagione molto diversa da quella precedente. I valori tecnici rimarrebbero invariati ma la componente fisica e mentale dopo tre mesi di inattività sarebbe una vera incognita».

Riesci a immaginare come potrebbe cambiare il mondo del calcio dopo questo shock?
«Mi auguro che si possa sfruttare questa inattività per imparare a dare maggiore riconoscenza ai valori più importanti della vita. Dal punto di vista puramente organizzativo non so cosa potrà succedere, spero però che tutte le componenti del calcio lavorino insieme per garantire un futuro più limpido a tutto il movimento tutelando gli interessi di tutti e non solo dei singoli».

Qual è il tuo bilancio degli otto mesi passati a Reggio?
«Sono contento dell’impatto avuto con l’ambiente e delle rimostranze di affetto ricevute dai tifosi, dalla società e dai compagni. Mi spiace solamente che l’infortunio al ginocchio mi abbia tenuto fuori dai giochi per tanti mesi condizionando in parte il mio rendimento, ma nelle partite in cui sono sceso in campo ho dimostrato il massimo delle mie potenzialità».

Nel tuo futuro ci sarà ancora la maglia granata?
«Questo argomento non è stato ancora affrontato e non mi pare il momento migliore per farlo. Io la porta aperta alla Reggiana per un eventuale rinnovo del prestito la lascio sempre aperta, ma nel mio caso si devono mettere d’accordo anche le due società».

C’è un messaggio che vuoi lasciare ai tifosi?
«Prima di venire a Reggio non sapevo quanto calore e passione potessero avere i tifosi granata: mai avrei immaginato di trovare un ambiente così carico. Ringrazio il pubblico per tutto l’affetto dimostrato nei miei confronti soprattutto nei mesi di inattività quando ho sofferto di più».

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