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L’ex patron della Reggiana parla della sua esperienza con il club

20.12.2018 10:00

Nel 2016, Mike Piazza ha acquistato una quota di maggioranza (60%) della Reggiana, diventandone amministratore delegato nel giugno dello stesso anno. Ma, in seguito a questa acquisizione, sono sorti diversi problemi e tutti gli sforzi fatti hanno raggiunto un punto di non ritorno per il quale il club è stato dichiarato fallito lo scorso 6 dicembre 2018.

Negli ultimi giorni, il cinquantenne Piazza ha potuto meditare molto sul tempo trascorso durante la gestione del club, sui problemi e le avversità. Dalle sue riflessioni è scaturita poi la seguente intervista rilasciata a Calcio e Finanza.

Se avrei potuto fare qualcosa diversamente? Penso che la domanda riassuma molti progetti falliti, la risposta è: tutto. Prima di tutto, non entrerò mai più in affari con persone che non conosco e che non lavoravano da almeno 10 anni. È stato in un momento della mia vita in cui volevo costruire qualcosa e tentare un progetto ambizioso. Mi dispiace dire che il mio giudizio nelle persone che ho scelto per iniziare questo progetto è stato troppo frettoloso ed emotivo, non razionale. Detto questo, molti professionisti coinvolti, da consulenti a partner “fidati”, hanno costantemente fornito informazioni errate, mezze verità e bugie. Dalla valutazione iniziale del club, alle questioni dei flussi di cassa, alla chiusura dell’affare, alla negoziazione dei contratti, incluso l’affitto dello stadio, senza l’autorità per farlo. I miei ex soci hanno portato il club verso il baratro e l’unica salvezza sarebbe stata la promozione in Serie B. Sarebbe stato comunque molto difficile, dato che la Serie B non è una salvezza definitiva, ma ti dà solo il tempo di respirare e cercare di sostenere il club con una combinazione di vittorie, sviluppo e vendita di giocatori. Naturalmente sapevo che ciò avrebbe richiesto del capitale, ma il denaro deve anche essere protetto. La quantità di soldi sprecati fuori dal campo è stata significativa. I soldi spesi sul campo non sono stati molti meno.
Il primo acquisto importante è stato un attaccante da oltre 500.000 euro [Ettore Marchi, 23 partite giocate] che non solo non ha segnato nemmeno un gol, ma ha fallito un calcio di rigore contro il Venezia, in una delle partite più importanti dell’anno. Abbiamo pagato un attaccante [Rachid Arma] 45.000 euro per andarsene e poi finire a segnare 17 goal al Pordenone. Abbiamo anche rifiutato un giocatore [Ettore Gliozzi] in prestito gratuito, che è andato al Sudtirol dal Sassuolo e ha segnato 16 gol. Tutti affari portati a termine da un direttore sportivo alla prima esperienza che è stato assunto (non da me) con un contratto federale triennale tre volte più oneroso rispetto alla media del campionato. Non era mai stato direttore sportivo prima d’ora.
Dopo aver più che raddoppiato le nostre perdite rispetto alle previsioni, i miei “partner” non erano in grado o non volevano capitalizzare. Ho coperto da solo le perdite e ho deciso di fare un altro tentativo dopo aver apportato molte modifiche al personale, che sono costate all’azienda decine di migliaia di dollari, dato che le leggi sull’occupazione in Italia sono estremamente difficili da comprendere per uno straniero.

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